mercoledì 6 luglio 2011

Appartenenze

Tutte quelle voci tremanti o sicure, spigliate o dense di simulata disinvoltura che lo vedi da come ti guardano e ti fissano diritte nel cervello. I portafortuna legati al braccio e le penne nervose, quelle di ricambio, la metrica che non ti entra e i collegamenti inaspettati che ti commuovono e sei fregata. Gli occhi truccati e i vestiti preparati la sera prima, le traduzioni ripassate di lapis e cancellate e ripassate ancora. Le accezioni, le eccezioni, i sogni, le funzioni, tutti i limiti e tutte le forme indeterminate, e gli infiniti e le autoinduzioni. E crederci, e scegliere, e scappare, e sentirsi che siamo qui per qualcosa, ma che domani cambia tutto e che a esami finiti saremo qui a reinventarci da capo e a mandare tutto affanculo.

2 commenti:

  1. Stanno (stiamo?) sul confine tra diventare e non essere più, e magari nemmeno lo sanno (lo sappiamo?), troppo impegnati a bere la vita fino all'ultima goccia, finché non ce ne sta più – che poi invece un goccino in più ci sta sempre, e ancora un altro po', e ancora e ancora e ancora.
    E evviva che sia così.

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  2. ..come quel mojito. o come si scrive. ma ora è estate, evviva.

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