mercoledì 24 novembre 2010

Di una malattia contagiosa: la spocchia da docente fuori cattedra. Ovvero, quello che considero un morbo da combattere allo stato attuale dei fatti.

1) Voler dare per forza insegnamenti di vita a chiunque, a volte anche intervallandoli con frasi del tipo 'la storia insegna che'; 'l'esperienza ti farà capire che'; 'è per il tuo bene'. [Ma chi te li ha chiesti].
2) Guardare e ascoltare l'interlocutore accompagnando l'atto con un movimento semi impercettibile della testa a destra e sinistra (segno di diniego). Sottotesto: parla quanto vuoi, tanto spari minchiate.
3) Fare del vittimismo o delle lamentazioni continue. Putroppo il docente medio è caratterizzato dalla tendenza al vittimismo perenne. Per una mezz'ora in più di lavoro. Per una mezz'ora in meno di lavoro. Per una relazione da fare. Per il giorno libero che non è quando lo voleva lui. Per i rientri pomeridiani. Per una sostituzione improvvisa. Per una riunione annunciata con sole 24 ore di anticipo. Per una riunione. Ecc.
4) Parlare sempre e comunque di scuola premettendo che 'non ci si fa', che è 'un casino, che ' i ragazzi non sono più quelli di una volta'. Anche a cena con gente che, per esempio, non gliene potrebbe fregare un benemerito.
5) Invidiare. Chi guadagna di più, chi è di ruolo, chi insegna quello che vuole, chi è più giovane, chi fa l'ingegnere, chi fa il medico e guadagna un botto, chi ha la casa più grande. Ok, questa è una cosa umana (invidiare). Ma poi come fai a entrare in classe e a volere la collaborazione dai tuoi studenti, dico io? Come fai, se rosichi?
6) Delegare. Ovvero essere servo con i più potenti e padrone con i più deboli. Ok, anche questa è una cosa umana. Perciò, vedi il punto sopra.
7) Polemizzare in ogni situazione. E questo sintomo io ce l'ho. Perlomeno oggi ce l'ho, eccome. Mi si perdoni ma non potevo trattenermi.

lunedì 22 novembre 2010

tEemPiSticHe

Oggi è il mio primogiornodimalattia, ovvero è il primo giorno che da quando lavoro come una persona seria non sto bene e quindi rimango a casa mentre fuori piove, nevica, grandina, gela, venteggia, romba il mare vicino, si annerisce tutto e via così. E è proprio incredibile che in queste ore che dovevo essere a scuola abbia fatto penso il triplo di tutto quello che avrei fatto se fosse stato un semplice giorno libero. Nei limiti del virus maledetto si stanno avvicendando le seguenti attività: Film sparati uno dopo l'altro. Relazioni per il lavoro. Progetti di lezioni. Libri. Foto. Interazioni con persone lontane. Bilanci esistenziali (ok questa voce si poteva levare senza problemi ma ci si è voluta infilare a forza). Musica. Telefonate. Ordine fisico nelle stanze. Collages. Incorniciamento di cose da incorniciare. E sì, spero che mi passi presto (il virus). Ma soprattutto spero di sentire sempre questo sapore di tempo vacante, mio, inventivo, da riempire, anche nei tempi legittimi e non solo in quelli recuperati. Ma anche di recuperare tutti i tempi legittimi e farne una palla incandescente di roba pronta a lanciarsi ovunque voglia.

lunedì 8 novembre 2010

Mi sono convertita al caffè solubile

E pensare che fino a poco fa credevo facesse schifo. Ma schifo davvero, e infamavo anche la gente che lo beveva. (Stronza). Poi sarà la semplicità dell'operazione, sarà la lunghezza variabile del beverone color fanghetto e l'effetto benefico dell'acqua calda, sarà la pigrizia che mi divora, insomma sono qui col bicchiere di plastica e il caffè solubile a guardare fuori le foglie che si muovono a cerchi, e sono anche contenta. Vale la stessa cosa per l'insalata pretagliata e nelle buste, i pantaloni sempre dentro gli stivali, gli accessori rosa, l'abbinamento grigio-nero, le pulizie nei giorni liberi, le foglie rastrellate, il microonde, i sughi già pronti, il minestrone liofilizzato. Insomma qui si rischia la catastrofe. Quando comincio coi calzini di spugna bianca calco il tasto reset, promesso.